sabato 18 febbraio 2017

GIOVANE CANTANTE DI SCALEA - VINCENZO OLIVA RIPORTA IN VITA L'ANIMA DEI DOORS

Giovane cantante di Scalea
VINCENZO OLIVA RIPORTA IN VITA L’ANIMA DEI DOORS
L’artista calabrese è il front man del gruppo 
“The Indian Sunset” 

Articolo pubblicato in 
"Gazzetta del Sud" del 16 Febbraio 2017
A cura di
Alessandro AMODIO
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Il performer scava nel percorso filosofico 
nonchè nella tragedia umana 
di Jim Morrison
Vincenzo Oliva

"Quando il mio corpo sarà cenere il mio nome sarà leggenda". Questo aveva profetizzato Jim Morrison ed era vero! Lo aveva profetizzato Jim Morrion, voce mitica dei Doors. Ed oggi, a distanza di 36 anni della sua scomparsa, sembra che la profezia si sia avverata.
Stiamo parlando di Vincenzo Oliva, giovane cantante-interprete di Scalea, che con “The Indian Sunset”, la migliore tribute band ai Doors atualemnte esistente, sta facendo rivivere la leggenda di Morrison.
Non a caso in un recente articolo della “Gazzetta di Parma” si leggeva: “The Indian Sunset la migliore tribute band ai Doors attualmente esistente in Italia. E come per il gruppo californiano, il cantante è la vera anima della band, Come dire: il mito continua”.
Vincenzo è ben lungi dalla banale imitazione, è qualcosa di più, è l’interprete contemporaneo del pensiero e della tragedia morrisoniana che hanno contribuito a plasmare un’epoca: la “Contestazione” del ’68.
Egli riesce a trasmettere con il cuore, direttamente al cuore dello spettatore - “Quando sono in scena abbraccio il microfono, quasi come a volermi sorreggere e chiudo gli occhi” – Afferma lo stesso che prosegue -  “tutto quello che succede dopo non ha niente di prestabilito, niente di scenografico, cerco solo di trasmettere a chi mi ascolta quello che io provo in quegli istanti: quel cosmo di sensazioni ed emozioni che affollavano l’anima di Jim”.
Di Vincenzo Oliva si è interessato di recente anche Angelo Martucci, della casa editrice “Martus Editore” di San Sosti, che ha dedicato un capitolo del volume “La profezia americana”, testo scelto per essere presentato al Salone del Libro di Torino, che è dedicato proprio al giovane fenomeno scaliota.
 “La profezia americana” non è l’ennesimo libro sulla vita di Jim Morrison, ha ad oggetto il pensiero filosofico e letterario di questo straordinario artista inserito nel movimento “Beat generation” della seconda metà degli anni Sessanta, che solo di recente incomincia a far parte dei programmi didattici di molti istituti superiori italiani, mentre in altri altri Paesi europei ed extra-europei già viene studiato da ormai più di un decennio.
Il giovane Oliva è stato notato e apprezzato anche da Morgan, cantautore e polistrumentista italiano, fondatore insieme ad Andrea Fumagalli del gruppo rock Bluvertigo.
La tribute band “The Indian Sunset”, infatti, ha davvero la capacità di ricreare le dinamiche e le atmosfere psichedelico-teatrali tipiche dei Doors e si è fatta conoscere velocemente ai fan italiani e non.
La band, infatti, oltre a portare il proprio show nei locali di tutta Italia, ha partecipato, proprio insieme a Morgan al “Feast of Friends Party 2012, il raduno dedicato ai Doors organizzato dal fan club più importante italiano: The Doors.it.
Inoltre il gruppo ha avuto l’onore di essere invitato a suonare alle edizioni 2013 e 2014 del più importante festival europeo dedicato a Jim Morrison, Ray Manzarek, Roby Krieger e John Densmore: il Feast of Friends Festival, che da dieci anni, ogni mese di Luglio, di tiene a Magdeburgo, in Germania.

martedì 22 luglio 2014

ISRAELIANI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!


Un paese costretto a uccidere per non essere ucciso. Le ragioni dell’inimicizia e del terrorismo sono le stesse a Gaza e a Mosul. Anche i cristiani dovrebbero unirsi, invece di fare sofismi di tipo umanitario. Israeliani di tutto il mondo, unitevi! Avete un mondo da guadagnare e nient’altro che le vostre catene da perdere. Chiunque conosca e a qualunque titolo la storia degli ebrei, quella del sionismo e quella di Israele non deve avere dubbi su quale parte prendere nella guerra di Gaza. E quando infuriano le armi c’è un solo problema per le persone rette: da che parte stare. Chi si tira fuori parteggia senza dirlo, affetta un sentimento che è privo di vere basi etiche, insomma se la cava con poco e con poco si lava la coscienza. Se si guardi a Mosul e alla fuga funesta che una banda di predoni impone a una comunità perseguitata di “miscredenti”, anche i cristiani di tutto il mondo, intesi non come credo cultuale ma come nazione occidentale, dovrebbero unirsi. E contro gli stessi identici nemici. E’ vero che la sproporzione delle forze colpisce, intimidisce, favorisce la favola umanitaria. Israele è grande in confronto alla Striscia di Gaza, pur essendo un paese piccolo. E’ più ricco, più popoloso, più attrezzato militarmente e tecnologicamente. Paga e ha pagato un prezzo alto al terrorismo, ma in confronto alle vittime di guerra palestinesi i suoi morti civili o in divisa, si contano sulle dita di due mani, per adesso. Se solo si abbia voglia di riflettere onestamente sulla realtà, però, tutto cambia. A parte gli accordi di Camp David, che hanno restituito agibilità politica e diplomatica al confronto statale di Israele con Egitto e Giordania, per tutto il resto Israele è un fazzoletto di terra accerchiato dall’inimicizia armata e dal terrorismo deliberato contro i civili, il vero collante di tutti i suoi vicini: inimicizia per la terra contesa, ma anche per il culto, che l’islam sunnita e sciita del nostro tempo non prevede possa sussistere in piena legittimazione fuori dai confini dell’islam stesso, e questo su basi profonde, che si rintracciano anche nel libro nella profezia coranica intoccabile, e anche per l’estraneità razziale (sono ebrei, una non entità, discendenti di scimmie e maiali).A guardarla bene, la sproporzione si rovescia come un guanto. Ma sono in pochi a voler guardare nella tragedia di un popolo, quello israeliano, costretto a difendersi con le unghie e con i denti, costretto a uccidere per non essere ucciso, a infierire contro organizzazioni armate parastatuali che fanno del loro popolo uno scudo umanitario permanente allo scopo di vincere, a colpi di bambini e vecchi massacrati, la battaglia decisiva dell’opinione pubblica internazionale.Israele protegge i suoi con i missili, come ha giustamente detto Edward Luttwak, mentre Hamas protegge i missili con i suoi. E’ anche per questo che suonano vacue le perorazioni facili contro le barriere di difesa e contro i muri, quando vengono offerte in terra israeliana e palestinese. E’ anche per questo che sono ingiuste le accuse contro il governo del destro Netanyahu, come furono ingiuste le accuse al socialista Rabin durante la dura repressione della Prima Intifada. E’ anche per questo che risulta non solo fallimentare ma spietatamente ingiusta la riluttanza dell’Amministrazione americana a fare fronte alle proprie responsabilità nel governo dell’ordine mondiale, la tendenza a idealizzare una retorica politica senza conseguenze a favore di telecamere (comprese le gaffe di Kerry segretario di stato). Noi qui in Europa, affetti da nanismo etico e da impotenza politica, bravi solo a tutelare il valore commerciale delle materie prime di cui abbiamo bisogno per la nostra vita e il loro costo, facciamo un titolo al giorno in cui non si parla di vittime di guerra, ragionando sulle ragioni della guerra e sulle condizioni della pace, ma di strage, di massacro dei civili, di ecatombe dei bambini. E’ comodo. E ci danno manforte tutti quegli israeliani, in particolare i testimoni di un mondo che non esiste, quello della reciproca fiducia e della generale benevolenza e della disponibilità universale alla pace, i quali si sottraggono al compito naturale di un cittadino: proteggere la propria comunità, aiutare chi lo fa in prima linea, capire che ci sono momenti in cui si discute e momenti in cui cessa ogni discussione. Non ci sono dall’altra parte testimoni capaci di sollevare l’indignazione pubblica. I resoconti dicono, anche quelli di organi di stampa ostili al governo israeliano del momento, che nella Striscia non si può criticare la pretesa di Hamas di essere insieme il puntello di un governo che tratta e la base logistica di un esercito di terroristi che ambisce a mettere sotto minaccia la popolazione civile della comunità vicina, perché tuttora non ne riconosce la legittimità e la vita. La voce della buona coscienza e delle anime belle non si sente al di là della barriera difensiva, al di là del santo muro che protegge le vite degli ebrei e degli altri che vivono entro i confini della democrazia israeliana. In Europa, a parte le dichiarazioni solenni e definizioni di Hamas come gruppo terroristico, non esistono boicottaggi della sua classe dirigente criminale, magari raccordati con una inesistente opinione pubblica. C’è solo l’infinita e comprensibile compassione per le popolazioni del formicaio colpite dalle durezze di guerra, ma senza mai specificare di chi siano le responsabilità strategiche della guerra. Comodo, molto comodo.